Il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti
Con la pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 2015, entrano in vigore i primi due decreti attuativi del “Jobs Act” (L. 183/2014), ossia quello che introduce nel nostro ordinamento il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti e quello che ridefinisce la disciplina degli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria.
Segnaliamo alcune norme del decreto legislativo in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, riservandoci di aggiornarVi dopo l’emanazione delle necessarie circolari esplicative:
- Il decreto disciplina le conseguenze del licenziamento illegittimo di dipendenti (esclusi i dirigenti) assunti con contratto a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto. Le nuove norme pertanto si applicano solo a coloro che verranno assunti successivamente alla pubblicazione del decreto, nonché in caso di conversione di contratti a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato sempre dopo l’entrata in vigore del decreto. Per gli altri lavoratori rimangono in vigore le vecchie disposizioni.
- Per le aziende non soggette alle norme dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (in genere aziende che occupano fino a 15 dipendenti), che a seguito di nuove assunzioni supereranno la soglia di 15 dipendenti, le nuove disposizioni si applicheranno anche ai rapporti di lavoro instaurati anteriormente, realizzando una sostanziale parificazione di trattamento tra tutti i lavoratori presenti in azienda.
- Cambiano le norme sui licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (ossia per motivi legati all’attività produttiva, all’organizzazione dell’impresa e al regolare funzionamento della stessa), per giustificato motivo soggettivo (notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore) e per giusta causa (fatti gravissimi posti in essere dal lavoratore che non consentono la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto di lavoro). In tali ipotesi, qualora fosse accertata dal giudice l’illegittimità del licenziamento, non scatterà più la reintegra nel posto di lavoro, ma verrà riconosciuta un’indennità risarcitoria, non assoggettata a contribuzione, di importo pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità. Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, non è più prevista l’attivazione della procedura di conciliazione preventiva presso la Direzione Territoriale del Lavoro.
- Per le sole ipotesi di licenziamento disciplinare (ossia per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa), qualora il giudice accerti l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, è prevista la reintegrazione (con il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali) e il risarcimento del danno, che non può eccedere le 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr. La predetta disciplina si applica anche al licenziamento per inidoneità fisica o psichica del lavoratore ritenuto illegittimo dal giudice.
- Qualora il licenziamento sia affetto da vizi formali (mancanza di motivazione) o procedurali (mancata attivazione della procedura prevista dall’art. 7 Statuto dei Lavoratori per il licenziamento disciplinare), il giudice condanna il datore di lavoro a pagare un’indennità, non assoggettata a contribuzione, pari a 1 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità.
- Viene introdotta una conciliazione facoltativa, estesa alle imprese fino a 15 dipendenti, ed applicabile anche ai licenziamenti disciplinari. Il datore di lavoro potrà offrire al lavoratore, nelle sedi previste (sede sindacale o commissione di conciliazione presso la DTL), entro i termini di impugnazione del licenziamento (ossia 60 gg. dal ricevimento della comunicazione), un importo esente da tributi e da contribuzione, pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare (per le imprese fino a 15 dipendenti gli importi sono dimezzati e non possono eccedere le 6 mensilità). L’accettazione dell’assegno da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e la rinuncia all’impugnazione dello stesso. Poiché la norma fa riferimento alla sola rinuncia all’impugnazione del licenziamento, se le parti intendono chiudere anche ogni altra questione legata al pregresso rapporto di lavoro dovrà essere stipulato un ulteriore verbale di conciliazione.
- Le indennità e gli importi previsti dal decreto sono riproporzionati per le frazioni di anno di servizio, e le frazioni di mese uguali o superiori a 15 gg. si computano come mese intero.
- Al fine di non penalizzare le imprese fino a 15 dipendenti, viene sempre esclusa la reintegrazione in caso di licenziamento disciplinare illegittimo, e si prevede il dimezzamento delle indennità previste in caso di licenziamento illegittimo, entro un limite massimo di indennizzo pari a 6 mensilità.
- Per quanto riguarda la procedura di mobilità, in caso di violazione delle norme procedurali o dei criteri di scelta dei lavoratori, si applica il medesimo regime sanzionatorio previsto in caso di illegittimità del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo (ossia il risarcimento del danno da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità).