Ancora la Cassazione sull’omesso versamento dell’Iva
Nel reato di omesso versamento dell’Iva, il giudice non può escludere la colpevolezza se l’imprenditore non dimostra che si è effettivamente attivato per ovviare alla mancanza di risorse economiche o per organizzare quelle disponibili per onorare il debito con l’erario. A giudizio della Suprema corte, “per la sussistenza del reato in questione non è richiesto il fine di evasione, tantomeno l’intima adesione del soggetto alla volontà di violare il precetto”. Il dolo del reato in questione è integrato dalla sola condotta omissiva posta in essere, nella consapevolezza della sua illiceità.
È la conclusione della sentenza 18501/2015 della Cassazione.
La Corte, confortata dalla sentenza a sezioni unite n. 37424/2103, ha stabilito che:
– il reato in esame è punibile a titolo di dolo generico e consiste nella coscienza e volontà di non versare all’erario le ritenute effettuate nel periodo considerato, non essendo richiesto che il comportamento illecito sia dettato dallo scopo specifico di evadere le imposte;
– la prova del dolo è insita in genere nella presentazione della dichiarazione annuale;
– il debito verso il Fisco relativo ai versamenti Iva è normalmente collegato al compimento delle operazioni imponibili “Ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni riscuote già l’IVA dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione tributaria”.
Non può, quindi, essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte alla esigenza predetta. Per quanto concerne il tema della “crisi di liquidità” d’impresa, quale fattore in grado di escludere la colpevolezza, la Corte ha ulteriormente precisato che “è necessario che siano provati la non imputabilità al contribuente della crisi economica dell’azienda, e la circostanza che detta crisi non potesse essere adeguatamente fronteggiata” (vedi anche Cassazione 5905/2014, 15416/2014, 5467/2013).