NOVITA’ IN MATERIA DI LAVORO NEL C.D.”DECRETO DIGNITA”
Il d.l. 87/2018 (c.d. “Decreto Dignità”), pubblicato il 13 luglio u.s. nella Gazzetta Ufficiale, contiene alcune disposizioni di particolare rilevanza in tema di contratti a tempo determinato, somministrazione di lavoro e licenziamento, che di seguito sintetizziamo.
E’ ora consentito stipulare con il medesimo lavoratore contratti a tempo determinato della durata massima di 24 mesi (non più 36). Sono ammesse non più di 4 proroghe (erano 5).
Il primo contratto, per una durata massima di 12 mesi (eventuali proroghe comprese), può essere concluso senza precisare alcuna motivazione.
Per i successivi 12 mesi, o in caso di stipula di un contratto di durata superire a 12 mesi, o ancora in caso di rinnovo di un contratto (anche se il precedente contratto ha avuto una durata inferiore a 12 mesi e i due contratti non superano complessivamente i 12 mesi), è necessario indicare una delle seguenti causali:
1. Esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, o esigenze sostitutive di altri lavoratori;
2. Esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
In occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione, il contributo addizionale viene incrementato dello 0,5%.
Il termine a disposizione del lavoratore per impugnare il contratto a tempo determinato passa da 120 a 180 giorni.
Le nuove norme si applicano ai contratti stipulati dal 14 luglio 2018, nonché alle proroghe ed ai rinnovi dei contratti in essere, effettuati dalla predetta data.
In caso di assunzione a tempo determinato, il rapporto di lavoro tra Agenzia di somministrazione e lavoratore somministrato è soggetto alla medesima disciplina restrittiva dei contratti a tempo determinato (limiti alla durata massima ed alle proroghe, intervalli tra i contratti, causali, ecc.), ad eccezione della percentuale massima di lavoratori a termine e del diritto di precedenza.
Un’ulteriore novità riguarda i licenziamenti intimati dalle aziende con più di quindici dipendenti ai lavoratori assunti dal 7 marzo 2015. Il giudice, qualora accerti che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa (salvo il caso di insussistenza del fatto materiale), condannerà il datore di lavoro al pagamento di un’indennità di importo pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 6 (erano 4) e non superiore a 36 mensilità (erano 24).
Segnaliamo che nella conversione in legge del decreto, che dovrà aver luogo entro 60 giorni, le norme potranno subire modifiche sostanziali.